Foto di Francesco M. Giansanti |
Le prime informazioni circa l'esistenza di una cappella musicale nel Duomo di Tivoli risalgono al 1539. Nel XVII secolo la cappella, composta da un maestro, un organista e una decina di cantori, era finanziata per metà dal Capitolo e per metà dal Vescovo. In certi periodi figurava anche un magister puerorum incaricato di educare al canto i bambini (alcuni di essi ricevevano successivamente gli ordini sacri e continuavano a prestare servizio in Basilica sia come cantori che come chierici). I cantori erano tenuti a partecipare alle diverse solennità liturgiche e alle feste cittadine dell'Inchinata, del Corpus Domini, di S. Lorenzo e degli altri santi cittadini. Dalla fine del Cinquecento alla seconda metà dell'Ottocento la cantoria visse il suo periodo di maggiore vitalità, ebbe continui contatti con il mondo musicale romano (forse anche con il Palestrina che prestò servizio per un breve periodo a Villa d'Este), ingaggiò personaggi come Giacomo Carissimi e curò la formazione di compositori come Giovanni Maria Nanino e Giulio Caccini, solo per citare i più famosi. Fra i maestri di cappella debbono essere ricordati Giuseppe Leoni (Tivoli 1703 ca.-1788), che introdusse un massiccio uso dell'orchestra e fu particolarmente apprezzato per il suo stile “teatrale”, e la serie di musicisti della famiglia Vergelli, a partire dal capostipite Luigi (Sambuci 1753- Tivoli 1824).
L'Archivium musicale della Cattedrale, il cui catalogo è oggi consultabile presso la Biblioteca Nazionale di Roma nella sezione riservata all'Istituto di Bibliografia Musicale, ha una storia relativamente recente. Le prime notizie risalgono al 1852. A quell’epoca il fondo, a parte i libri corali, doveva essere molto modesto in quanto le composizioni dei maestri di cappella non venivano acquisite, ma rimanevano di proprietà dei rispettivi autori. L’Archivio oggi conserva 703 manoscritti (che contengono ben 1015 composizioni) e alcune edizioni pubblicate tra il XVI e il XX secolo. Oltre la metà dei manoscritti (363 su 703) fu acquisita in seguito al lascito testamentario del canonico Stanislao Potini (4 maggio 1900). I manoscritti del secolo XVIII sono quasi tutti autografi di Giuseppe Leoni (75 su 104). Grazie ai contatti di don Stanislao con l’ambiente musicale romano, l’archivio tiburtino si è arricchito di una cospicua parte di opere di autori dell’Ottocento. (a.m.)