Connessioni e sorprese. "Da Salisburgo a Tivoli". Il grande Mozart e il tiburtino Vergelli ascoltati in "parallelo"

Foto di Riccardo Genga
Ricontestualizzare Mozart è possibile? I giganti non si discutono, sono inafferrabili e trascendono l’epoca in cui hanno vissuto. Anche se non vanno cristallizzati in un museo, ma capiti a partire dal loro ambiente. È storia che il piccolo Mozart si formò anche in Italia, grazie ai lunghi viaggi in compagnia del padre, su e giù nel Bel Paese, per assorbire come una spugna quanto di meglio c’era in circolazione. Capire un contemporaneo alla luce del grande salisburghese è un’operazione anch’essa ostica ma in definitiva percorribile. Il “confronto” può regalare incredibili sorprese… È nato con questi intenti il VII concerto stagionale AMT, “Da Salisburgo a Tivoli”, ovvero dal grande Mozart a Luigi Vergelli (che si è svolto domenica 27 settembre nella Chiesa di San Francesco). Le musiche del Genio per eccellenza viste in parallelo, per così dire, con quelle di un semplice maestro di cappella del Duomo di Tivoli, nato nel 1753 (tre anni prima di Amadeus).
Un concerto per così dire “didattico”, che è stato suggerito da una curiosa scoperta fatta negli archivi musicali della nostra città. Si sa che l’imberbe Amadeus, a 14 anni, fu il primo a violare il segreto del mitico Miserere a 9 voci di Gregorio Allegri, brano cult e segretissimo della Cappella musicale del Papa, grazie al suo fenomenale orecchio assoluto. Mozart andava al di là dell’ascolto, riusciva a “vedere” i suoni e a percepire la musica come qualcosa che risuonava dentro tutto il suo essere e il suo cervello, e trascrisse a memoria la composizione, risalente al XVII secolo, che era conservata sotto chiave nell'Archivio segreto della cantoria pontificia. Questa trascrizione, inutile dirlo, diventò ben presto leggendaria. Di copie del Miserere, in giro, ce ne erano ben poche. Ma, incredibilmente, una si trova ancora oggi a Tivoli, nell'archivio della famiglia Vergelli che, da diversi anni, è sotto la lente d’ingrandimento di Maurizio Pastori. A quanto sembra il manoscritto risale alla prima metà dell’Ottocento, quindi è posteriore a quello mozartiano, e forse è la copia di una versione effettuata da Pietro Alfieri. Il programma di sala ha tenuto conto di questo elemento, presentando al pubblico il brano che sia Mozart sia Vergelli hanno ammirato e “copiato” nei loro archivi (anche se Mozart lo fece probabilmente quasi per gioco, mentre Vergelli se ne servì per le necessità della musica del nostro Duomo). Il Coro Polifonico “Giovanni Maria Nanino” è riuscito a trasmettere il raccolto pathos del Miserere, anche grazie ad un secondo coro composto da esecutori scelti: Francesca Proietti, Michela Varvaro, Maria Grazia Casini e Leandro Teodori. Il concerto è stato un’altalena di emozioni e di scoperte. Il Mozart della sinfonia n. 29 K 201 è sembrato volatile e cangiante. Il Vergelli dell’Oratorio Santa Cecilia, opera del 1781 di cui sono stati proposti alcuni estratti, italianissimamente melodico e, quasi come Mozart, “spensierato”. Hanno completato il programma di sala un brano del tiburtino Leoni (Locus Iste) e l’Alleluja dal mottetto Exultate, jubilate k 165 sempre di Mozart. Soliste della serata, il soprano Michela Varvaro e il contralto Maria Grazia Casini. Ha diretto Daniele Rossi con brio e cura dei particolari. (a.m.)