Musica sacra d’élite
Il Miserere di Gregorio Allegri è una composizione a 9 voci per due cori, uno di cinque voci e uno di quattro, ed è generalmente riconosciuto come uno degli esempi più belli di polifonia rinascimentale e della scuola romana che fa capo a Pierluigi da Palestrina. Composto probabilmente intorno al 1630 durante il pontificato di Urbano VIII, veniva eseguito a luci spente nella Cappella Sistina durante il triduo sacro pasquale (OfficiumTenebrarum o Tenebrae). “Era questo – scrive Antonio Marguccio nel libro Cantate al Signore! Chiesa e musica dal gregoriano alla Messa beat – un appuntamento che, dal secondo Settecento fino alla metà dell’Ottocento, riuniva la créme della società europea. Su invito ufficiale del pontefice presenziavano in Sistina tutti i diplomatici accreditati presso la Santa Sede, regnanti, aristocratici, vescovi, cardinali, superiori di Ordini religiosi, viaggiatori, intellettuali e addirittura giornalisti. Le cosiddette “Tenebre”, i Mattuttini dal Mercoledì al Venerdì Santo che cominciavano nel tardo pomeriggio e comprendevano il lungo canto del Passio in gregoriano con la risposta delle Turbe in polifonia, gli Improperii e le Lamentazioni di Palestrina per finire con il brano più atteso e struggente, il Miserere mei Deus a 9 voci di Gregorio Allegri. Indubbiamente a rendere leggendario questo pezzo di musica contribuiva la particolare atmosfera che si creava nella Cappella Sistina. Il Venerdì Santo infatti la Saetta delle Tenebre, un grosso candeliere di forma triangolare, veniva progressivamente spento fino a quando non rimaneva accesa che una sola candela, simbolo della morte di Cristo, e proprio in quel momento di massima oscurità i cantori cominciavano a cantare il salmo. Nei diari di cappella risalenti a metà Settecento figurano espressioni come ‘u cantato a perfezione con piacere comune’, ‘piacque moltissimo’, ‘si commosse alle lagrime qualche personaggio, anche protestante, tra i molti, ch’erano concorsi ad ascoltarlo’. Goethe stesso ne rimase profondamente colpito mentre Ippolito Taine disse che ‘vale tutti i dolori di reni e di ginocchi che si sono sofferti’”.
La “location”
La Cappella Musicale Sistina era assai rinomata per la qualità tecnica dei suoi cantori. Una delle loro speciali abilità, soprattutto nell'epoca barocca, era quella degli "abbellimenti", cioè variazioni e melismi aggiunti alla linea melodica originale a scopo ornamentale o espressivo. Gli abbellimenti erano diventati una tradizione consolidata nei cori più importanti, costituendo un tesoro che veniva custodito gelosamente e tramandato per via orale da cantore a cantore. Anche sul Miserere di Allegri venivano eseguiti abbellimenti in abbondanza, e così quello che il coro cantava ed i fedeli ascoltavano non era lo spartito originale...
L'accuratezza nelle esecuzioni, che esisteva un tempo nella Sistina, era un requisito indispensabile per la perfetta riuscita del Miserere: Leopoldo I d'Asburgo, infatti, ne chiese al Papa Innocenzo XI una copia da utilizzare nella sua cappella imperiale. La richiesta gli fu accordata. Tuttavia, le esecuzioni viennesi non risultarono altro che un corale poco entusiasmante. L'imperatore credette allora che il maestro di cappella della Sistina gli avesse rifilato la copia di un altro miserere, se ne lamentò col Papa e lo fece cacciare. Il papa stesso fu così offeso da quello che credeva essere stato un inganno del suo maestro che, per molto tempo, non volle vederlo né ascoltare ciò che avrebbe voluto dire in sua discolpa. Alla fine, però, il maestro di cappella ottenne che uno dei cardinali perorasse la sua causa, facendo sapere al Pontefice che la perfetta riuscita del miserere poteva essere realizzata solo grazie alla grande competenza canora della Cappella Sistina. Ciò spiegava perché il pezzo in questione, anche se fedelmente trascritto, non poteva produrre lo stesso effetto se eseguito altrove e da altri interpreti.
Il manoscritto
Il manoscritto era gelosamente custodito dalla Cappella musicale Sistina nel suo archivio speciale, la cosiddetta Custodia, e non poteva essere copiato da nessuno senza l’autorizzazione del Papa, con pena della scomunica. Il viaggiatore inglese Charles Burney riferisce che tre copie autorizzate vennero distribuite fuori dalla Cappella Sistina prima del 1770: una a Leopoldo I d'Asburgo, una al re del Portogallo e una a Giovanni Battista Martini. Il quattordicenne Wolfgang Amadeus Mozart, in visita a Roma, ascoltò il miserere di Allegri l'11 aprile 1770 durante il servizio del Mercoledì Santo. Quello stesso giorno lo trascrisse interamente a memoria. Anche Mendelssohn fece lo stesso nel 1831.
A partire dalla fine del Settecento cominciarono a circolare varie versioni del Miserere in Europa, una dello stesso Burney (1771). Nel 1840 il sacerdote romano Pietro Alfieri pubblicò un'edizione del Miserere di Allegri con l'intento di preservare la prassi esecutiva della Cappella Sistina, edizione che comprendeva anche l'ornamentazione. In base a un primo studio del prof. Pastori, bisognoso di ulteriori approfondimenti, sembrerebbe che il manoscritto conservato nel fondo della Famiglia Vergelli di Tivoli sia una copia della versione di Pietro Alfieri. Daremo conto di questa scoperta sulla rivista ufficiale della nostra Associazione, in uscita a dicembre.
Valentina Torella